Nel 2018 l’Italia ha continuato a crescere e oltre al PIL il segno “più” ha accompagnato la dinamica dell’occupazione e quella dell’intera base produttiva nazionale. Nonostante questi andamenti, per l’artigianato il 2018 è stato un anno (l’ennesimo) di selezione che si è chiuso con una perdita di 17.703 imprese, l’1,3% in meno rispetto al 2017. È come se, nel corso dello scorso anno, l’artigianato avesse perso circa 48 imprese al giorno.

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Il processo di erosione della base artigiana accusato nel 2018, preoccupante anche perché prosegue ormai da dieci anni senza soluzione di continuità, non ha colpito nello stesso modo i vari settori di attività economica. Il settore delle costruzioni, che da solo rappresenta il 37,6% della base produttiva artigiana, ha riportato la contrazione in valore assoluto più marcata (-9.081 imprese). I settori manifatturieri e del trasporto e magazzinaggio (che rappresentano rispettivamente il 22,9% e il 6,2%) hanno perso, invece, rispettivamente, 6.282 e 2.097 imprese.

Diversi sono i motivi che possono spiegare la diminuzione (o della tenuta) della base produttiva nei settori artigiani. Dalla combinazione dei tassi di cessazione (rapporto tra numero di cessazioni nel 2018 e imprese registrate nel 2017) e dei tassi di crescita (rapporto tra la differenza tra iscrizioni e  cessazioni nel 2018 e imprese registrate nel 2017) è possibile infatti definire i seguenti quattro profili settoriali.

La situazione più preoccupante è quella dei settori considerati più a rischio a causa dell’elevato numero di chiusure come le costruzioni (settore che sta sperimentando una crisi decennale) e di alcuni settori manifatturieri messi in difficoltà dalla concorrenza a basso costo dei paesi asiatici (tessile e pelletteria).

Il profilo più diffuso è però quello dei settori in lento declino nel quale  l’erosione della base produttiva è causata in primis dal basso numero di nuove iniziative imprenditoriali. Purtroppo, rientrano in questo profilo molti settori manifatturieri tipici del Made in Italy: i mobilifici, l’oreficeria, la meccanica, la produzione di ceramiche e piastrelle, ma anche il trasporto, la stampe, le produzioni di carta e il commercio.

Non mancano i settori in espansione. Alcuni di questi, vere e proprie mosche bianche dell’artigianato, sono apparentemente in buona salute poiché caratterizzati da un sostanziale equilibrio tra iscrizioni e cessazioni garantito dalla solidità delle imprese. In questo profilo rientrano settori sia manifatturieri che dei servizi nei quali operano imprese micro e che presentano una domanda rigida (bevande e i servizi per la persona).

Altri presentano in ogni caso elementi di fragilità e sono cresciuti (o hanno tenuto) solo grazie alla nascita di un gran numero di imprese poco strutturate e caratterizzate da una vita molto bassa. Si tratta dei settori che presentano un elevato turn over ( manutenzione ed installazione degli impianti, informatica, comunicazione, servizi all’impresa).