pagamentiSi svolgerà il prossimo 12 luglio l’audizione di UEAPME, cui CNA aderisce, e delle altre rappresentanze economiche, di fronte al Parlamento europeo sulla direttiva che disciplina il ritardo dei pagamenti, dopo l’ennesimo richiamo all’Italia che ne disattende le disposizioni. Una direttiva, quella 2011/7/UE, che affida un ruolo chiave alle associazioni di rappresentanza di imprese, chiamate a segnalare i casi di ritardi tra privati.

La Direttiva 2011/7/UE ha lo scopo (art. 1) “di lottare contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali, al fine di garantire il corretto funzionamento del mercato interno, favorendo in tal modo la competitività delle imprese ed in particolare delle PMI”. È noto ormai che il tessuto produttivo italiano è composto per il 99,4% da micro, piccole e medie imprese che soffrono maggiormente di crisi di liquidità derivanti da ritardi nei pagamenti o, nei casi peggiori, da mancati pagamenti.

La direttiva distingue tra imprese debitrici, in cui rientrano quindi i cosiddetti pagamenti B2B derivanti da rapporti commerciali tra imprese e professionisti, e amministrazioni pubbliche debitrici, ovvero qualsiasi amministrazione aggiudicatrice, così come definite nella normativa in materia di appalti pubblici.

Lo European Payment Report 2018 ha contabilizzato il tempo medio di pagamento per l’Italia in 104 giorni per la Pubblica Amministrazione, contro una media europea di 40 giorni e nonostante la direttiva imponga 30 giorni, e 56 giorni per i pagamenti B2B, contro i 34 giorni di media europea. C’è un lieve e costante miglioramento rispetto alle rilevazioni precedenti, ma si rimane su livelli distanti dalle disposizioni della Direttiva.

Sempre secondo lo European Payment Report (2018) le imprese intervistate hanno indicato che per il 61% la causa del tardivo pagamento è da ricondursi a difficoltà finanziarie del debitore, per il 52% ad un ritardo intenzionale del debitore, e per il 38% ad inefficienze amministrative del debitore.

È chiaro che i mancati pagamenti della PA compromettono il funzionamento delle MPMI creditrici, che con minori flussi di cassa, sono costrette a richiedere anticipazioni finanziarie ad intermediari finanziari per ottemperare ai loro impegni, spesso con esiti negativi, e comunque a costi elevati (in Italia, le MPMI scontano tassi di interesse bancari maggiori rispetto alle grandi imprese). Ma ci sono anche conseguenze distorsive della concorrenza. Le imprese più piccole potrebbero, infatti, decidere di non partecipare a gare pubbliche in quanto non in grado di sopportare il rischio che si concretizzino pagamenti tardivi.

La direttiva europea è fondamentale perché impone vincoli al legislatore nazionale, ed andrebbe potenziata, prevedendo forme e strumenti di intervento maggiormente coercitivi per i debitori, che non espongano, al contempo, al rischio di emarginazione dal mercato, sia esso pubblico o privato. In tal senso, anche in ragione delle oggettive difficoltà di accesso al credito per esigenze di liquidità da parte delle imprese di minori dimensioni, dovrebbe essere introdotto l’obbligo, per gli Stati membri, di attivazione di un regime sanzionatorio per i soggetti che reiterano comportamenti non corretti, anche sulla base di segnalazioni circostanziate delle associazioni di rappresentanza delle MPMI, per quanto riguarda i rapporti tra privati; mentre, in merito ai rapporti con la PA, dovrebbe essere introdotta la possibilità, per le imprese creditrici, di attivare operazioni di compensazione con debiti fiscali, previdenziali e tributari.