Si fa presto a dire lavanderia. Perché dietro a quel bancone che accoglie i clienti c’è un mondo inimmaginabile, che macina – anzi: asciuga, stira e piega – qualcosa come 400 camicie e 1.300 lenzuola al giorno. Un microcosmo con una miriade di locali per un totale di quasi mille metri quadrati, accuratamente suddivisi per settore di lavoro, lavatrici grandi come un armadio, macchinari che con quelli usati normalmente in casa non hanno nulla da spartire. E allora benvenuti in via della Palazzina 7/a: tutto questo – e altro ancora – è alla Lavanderia In, impresa associata alla Cna, a due passi dal centro storico.
A guidarla è Patrizia Cevolo, dal 1988. E con lei sono al lavoro altri cinque dipendenti, tra cui il nipote Luca. Appena entrati, ad accogliere tutti c’è un cartello che recita: “Chi lavora con le sue mani è un lavoratore. Chi lavora con la sua testa è un artigiano. Chi lavora con le sue mani, la sua testa e il suo cuore è un artista”. Qui c’è un’artigiana con tutte queste caratteristiche.
Appena si entra c’è tutta la parte riservata ai clienti. “Poi – dice Patrizia – c’è quella tradizionale, in cui si lavora come una volta, ma che abbiamo arricchito con un macchinario stira camicie: ne fa circa 400 al giorno. Grazie alle indicazioni della Cna ne abbiamo acquistati altri particolari, tramite finanziamenti a fondo perduto. Dopo ecco la parte “acqua” e quella self service, quest’ultima aperta nel 2014 per ampliare l’attività”.
La Lavanderia In ha vinto l’appalto per lavorare anche con le caserme. “Abbiamo tutte quelle di Viterbo: Esercito, Aeronautica, Aviazione, insieme alle forze dell’ordine, dalla Questura ai Carabinieri. Lavoriamo anche con le caserme di fuori: da Monte Romano alla scuola della Guardia di Finanza a Orvieto, fino a Civitavecchia, con il 7° e l’11° Reggimento, e Bracciano. Proprio per questo ci siamo dotati di un camion, con un autista che fa il giro di queste strutture, un po’ ogni giorno”. Nello specifico, la lavanderia si occupa del lavaggio delle lenzuola e degli indumenti degli allievi. Ognuno di loro ha un codice identificativo, “in modo che ogni capo di un militare – continua Patrizia Cevolo – non vada a mischiarsi con quelli degli altri. Poi, quando vengono riassemblati, si controlla se i codici corrispondano alla stessa persona”. Un lavoro certosino che “non tutti possono fare: serve una certificazione della Prefettura. Inoltre, bisogna avere i contributi in regola”. In caso contrario, arrivederci e grazie.
Capitolo macchinari particolari. Uno si chiama “calandra” e funziona così. “Le lenzuola entrano bagnate, la calandra le asciuga, le stira e le piega. Alla fine escono fuori tutti pacchi da 20. Ne farà 1.300 al giorno”. Un altro fa qualcosa di analogo sulle camicie: entrano anche qui bagnate ed escono asciugare e stirate.
La storia della Lavanderia In è iniziata quasi per caso, in quel 1988. “All’epoca – racconta la titolare – lavoravo alla Standa dal 1983, qui a Viterbo. Poi ho conosciuto un ragazzo che stava per aprire una lavanderia. Mi ha detto: perché non lo fai anche tu? Prima ho risposto che non ero capace, poi portando avanti contemporaneamente il mio lavoro, nel tempo libero andavo a Roma a imparare, due volte a settimana. E così alla fine ho aperto nel 1988, in via Marini. Nel 1991 ho acquistato questi locali in via della Palazzina: prima era un autosalone, ho riorganizzata tutto”.
Dopo un po’ è arrivata la prima caserma. “Non c’era nessuno che potesse lavargli le divise, lo abbiamo fatto noi. In seguito ho partecipato alle gare d’appalto, acquistando i macchinari necessari. Così ci siamo allargati”. Una posizione che va riconquistata anno dopo anno, continuando a prendere parte alle gare. “Partecipano anche da fuori , ma il lavoro che facciamo noi, qui non lo fa nessuno”.
Capitolo macchinari classici. Si fa per dire, perché insieme alle lavatrici da 8 o 15 chili, ci sono pure quelle da 30, 40 e 50. E la Cna? “Sono associata da sempre – conclude Patrizia Cevolo – e mi trovo benissimo”.