Le microimprese, che da sole sono oltre il 96 per cento del totale delle imprese, possono potenzialmente accedere al 17 per cento del mercato degli appalti pubblici. E la quota che riescono ad aggiudicarsi fatica a superare il cinque per cento del suo valore. “Possibilità, dunque, che risultano molto limitate”, sintetizza Alessio Gismondi, presidente della CNA di Viterbo e Civitavecchia.

È quanto emerge da “Appalti pubblici. L’Everest delle piccole imprese”, quarta edizione dell’Osservatorio Burocrazia di CNA nazionale, presentato questa mattina a Roma in un convegno al quale sono intervenuti, tra gli altri, Matteo Salvini, ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Sabino Cassese, giudice emerito della Corte Costituzionale, e, naturalmente, il presidente della Confederazione, Dario Costantini. Un lavoro certosino che è frutto dell’analisi di oltre 6mila bandi che riguardano 28 città italiane, tra le quali Viterbo, e che ha un titolo tutt’altro che casuale.

L’indagine esamina le procedure di gara di quattro settori: edifici scolastici, edilizia residenziale pubblica, manutenzione ordinaria e straordinaria di strade, realizzazione di piste ciclabili. Nel mirino, l’adozione di pratiche differenti, la trasparenza della documentazione di gara, la digitalizzazione delle procedure e la diversa tutela del “favor partecipationis” di micro e piccole imprese agli appalti pubblici (suddivisione in lotti, eventuale motivazione in caso contrario o misure di carattere premiale). Per quanto riguarda Viterbo, tra le 111 stazioni appaltanti complessive rientrano il Comune capoluogo, la Provincia, l’Ater e la Centrale unica di committenza dei Comuni della provincia.

Giusto per farsi un’idea: il mercato degli appalti pubblici è passato dai poco più di 100 miliardi del 2016 ai quasi 200 del 2021. Perché è come scalare l’Everest per le piccole imprese? Perché è una continua rincorsa alle modifiche normative, lo stesso atto di accedere a un appalto pubblico è un’impresa. Per tanti motivi: 813 modifiche al Codice dal 2016, 45 decreti ministeriali, 17 linee guida Anac, 36mila stazioni appaltanti che adottano pratiche differenti. Inoltre: solo il 18% dei bandi prevede la suddivisione dell’appalto in lotti, il 30% delle procedure si svolge ancora in modalità cartacea, gli allegati ai bandi di gara possono raggiungere anche lo spropositato numero di 150.

La penalizzazione di artigiani e piccole imprese, di fatto, non accresce la trasparenza delle gare. Solo tre stazioni appaltanti su 10 garantiscono la piena trasparenza delle informazioni di gara. E ben quattro su 10 non pubblicano alcun dato relativo all’aggiudicazione e di conseguenza non solo mancano di chiarezza ma non aiutano le imprese uscite sconfitte a comprendere i motivi dell’esclusione e a migliorare le proprie offerte future.

“Dall’analisi dei dati dell’Osservatorio – dice Gismondi – emerge chiaramente che è sempre più difficile andare avanti per le piccole imprese nell’ambito del pubblico. Le possibilità di accedere sono molto limitate. Se si vuole prendere parte ad appalti di un certo livello, è diventata una necessità inderogabile mettersi insieme, visto che grazie al Pnrr le risorse saranno cospicue”.

Secondo il presidente della CNA di Viterbo e Civitavecchia, “occorre iniziare ad avere chiaro il concetto che bisogna fare rete per partecipare alle gare e poter in qualche modo dire la nostra all’interno di questo grande investimento che è il Pnrr”.

La CNA ha pronto un decalogo per cercare di migliorare la situazione e creare un mercato più efficiente e trasparente, sia per le piccole imprese che – soprattutto – per i cittadini.

La segretaria territoriale, Luigia Melaragni, presente all’evento nella Capitale, auspica che “il nuovo Codice degli appalti introduca finalmente regole chiare e proporzionate alla dimensione degli operatori economici. A questo proposito, invitiamo i parlamentari a sostenere le proposte della CNA mirate a migliorare il testo all’esame del Parlamento”.

Semplificazione del regime degli appalti sotto soglia; riserva di una quota dell’appalto in favore delle piccole imprese, in modo da farle comunque partecipare alle gare per un ammontare consono ai loro fatturati (in Francia, per esempio, la quota di riserva minima a favore delle Pmi è stabilita nella misura del 10 per cento del valore stimato di un contratto pubblico); qualificazione delle stazioni appaltanti: ecco alcune delle proposte di CNA alla politica.

La segretaria della CNA di Viterbo e Civitavecchia evidenzia, in sintonia con Gismondi, un tema che sta a cuore all’Associazione: “Deve essere facilitata la partecipazione delle diverse forme di aggregazione degli operatori economici agli appalti. Oggi, resistono criticità che penalizzano i consorzi, in particolare quelli artigiani. Chiediamo che sia chiarita la possibilità, per i consorziati, di partecipare alle gare utilizzando i requisiti del consorzio, che rappresenta il garante del buon esito della prestazione nei confronti della stazione appaltante”.

Insomma, partecipare a un appalto non dovrà essere più come scalare l’Everest.