Sulle piccole imprese continua ad accanirsi un fisco fra i più voraci d’Europa. Ma questa voracità sta cominciando, di poco e lentamente, a calare. Nel 2015 il peso complessivo del fisco (Total Tax Rate) in Italia si profila in calo dell’1,7 per cento, passando dal 63,9 del 2014 al 62,2.

Le previsioni fanno sperare in una inversione di tendenza anche a Civitavecchia. Il peso complessivo del fisco sul tessuto produttivo potrebbe scendere del 2,57 per cento, dopo aver registrato per quattro anni, dal 2011 al 2014, un costante incremento, dal 60,9 al 66 per cento. E il titolare riuscirebbe a mettere in tasca 1.285 euro in più rispetto allo scorso anno, disponendo così di un reddito netto di 18.302 euro.

La pressione fiscale resta comunque attestata al 63,4 per cento. Siamo ancora al di sopra del 60,9 per cento del 2011, l’anno zero del federalismo fiscale. Tanto che Civitavecchia occupa il 36° posto nella classifica dei più alti Total Tax Rate, risultando quindi tra i comuni meno virtuosi.

Sono i dati del Rapporto 2015 a cura dell’Osservatorio permanente CNA sulla tassazione delle piccole imprese, presentato questa mattina, nella sede di via Palmiro Togliatti 7, da Alessio Gismondi, presidente della sede territoriale, Luigia Melaragni, segretaria della CNA di Viterbo e Civitavecchia, ed Emiliano Brizi, responsabile dell’Area Fiscale e Tributaria dell’Associazione. Comune che vai, fisco che trovi. Lo studio ha preso in esame, capoluogo per capoluogo, i dati contabili di una impresa tipo, ovvero in forma individuale, che occupa 4 operai e un impiegato, utilizza un laboratorio artigiano di 350 metri quadrati e un negozio di 175 metri quadrati destinato alla vendita, dispone di macchinari, attrezzature, mobili e macchine d’ufficio e di un automezzo per il trasporto conto proprio. E ha un reddito d’impresa di 50mila euro prima delle imposte deducibili.

Il calo, nella proiezione 2015, va interamente intestato all’abolizione della componente lavoro dell’Irap. Un beneficio che sarebbe ben più corposo, se non fosse dimezzato dal maggior prelievo dell’Irpef e dei contributi previdenziali degli imprenditori (IVS). Il taglio dell’Irap si è trasformato in reddito d’impresa, quindi immediatamente soggetto all’Irpef.

Nell’azienda tipo con sede a Civitavecchia, infatti, l’imposta regionale sulle attività produttive si riduce del 7,7 per cento: dai 6.965 euro del 2014 (erano 7.712 nel 2011) ai 3.109 euro dell’anno in corso, cosicché l’incidenza delle imposte e dei tributi locali segna un bel -7,50 per cento, pur restando invariate Imu, Tasi e Tari. Mentre aumentano ancora i contributi previdenziali, l’Irpef dovuta e l’addizionale Irpef, sia comunale che regionale, che infatti passano al 37,6 per cento dal 32,7 del 2014.

L’incremento più pesante, dal 2011 fino alla proiezione sul 2015, lo ha subito l’imposizione comunale: + 10,3 punti percentuali, dal 17,5 al 27,8 per cento. La forte incidenza della tassazione comunale sul reddito disponibile deriva dal passaggio dall’Ici, che pesava nel 2011 per 1.762 euro, all’Imu, che nel 2013 ha gravato per 3.921 euro. Negli anni sucessivi, la sua incidenza è rimasta costante al 7,4 per cento. Occorre sottolineare che l’elevato incremento del tributo comunale sugli immobili è dovuto all’aumento dell’aliquota, ma anche all’elevato ammontare del valore catastale degli immobili strumentali dell’impresa. A salire in modo significativo, anche la tassa sui rifiuti urbani, soprattutto con l’introduzione della Tari. Si passa, infatti, da un’incidenza del 7 per cento nel 2011 ad una del 10,4 per cento dal 2014, con un ulteriore incremento di circa 1.700 euro in due anni e con un peso, sull’impresa, di circa 5.190 euro.

Per la CNA, che mette in evidenza il valore dello studio condotto dall’Associazione a livello nazionale con la collaborazione delle strutture territoriali, “va apprezzato il dato relativo alla deduzione dell’Irap, che è un risultato della nostra iniziativa nei confronti del governo. Però la pressione fiscale resta uno dei principali ostacoli alla crescita di competitività delle imprese”. E’ un fatto che dal 1° gennaio al 18 agosto l’imprenditore di Civitavecchia deve lavorare solo per pagare le tasse (Tax free day).

“La riduzione possibile nel 2015 è un passo nella giusta direzione, che però aspetta conferme dalle decisioni che prenderà il Comune nei prossimi mesi. Se il sindaco decidesse di compensare i tagli, già stabiliti, dei trasferimenti dello Stato centrale, rimettendo mano ai tributi locali, potrebbe attenuare, fino a farlo scomparire, il beneficio fiscale indotto dal taglio dell’Irap”, osserva la CNA, che chiede al Comune l’attivazione di un tavolo di lavoro sulla tassazione locale.

“L’Imu – è il ragionamento dell’Associazione – sta diventando un limite allo sviluppo. Quando, decidendo di investire sul futuro, un imprenditore vuole ampliare il capannone o il laboratorio o costruirne un altro ex novo, è costretto a chiedersi: ma quanto mi costerà di nuove tasse? E se poi non lo uso tutto e sempre, quanto ci rimetterò? E spesso è costretto, allora, a cambiare idea. Lo stesso vale per la tassa sui rifiuti. Il fatto che le imprese da un lato abbiano tutte le incombenze relative allo smaltimento dei rifiuti speciali, che poi ormai sono un po’ tutti, dall’altro devono pagare l’imposta sui metri quadrati occupati, e non sulla quantità e la qualità di rifiuti inviati allo smaltimento, grida vendetta”.

Si apra, dunque, un confronto.

Le differenze, se guardiamo da vicino le 113 città radiografate dall’Osservatorio della CNA, sono notevoli.

A Reggio Calabria, la città prima nella classifica 2015 per fiscalità, il Total Tax Rate tocca il 74,9 per cento, che significa -1,1 rispetto al 2014 ma +12,5 per cento sul 2011. Bologna conferma la seconda posizione con il 72,9 (-2,2 sul 2014, +8,3 sul 2011). Terza è Napoli, con il 71,9 per cento, quarta Roma (che l’anno scorso deteneva il poco invidiabile primato e in 12 mesi ha ridotto il peso fiscale complessivo del 2,5) con il 71,7 per cento. Quinta Firenze con il 70,9.

All’opposto, i comuni meno onerosi, si fa per dire, sono Cuneo (dove il Total Tax Rate si ferma al 54,5, addirittura -0,8 per cento sul 2011), Gorizia (55,2), Sondrio e Belluno (55,3), Udine (55,7).

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Da sinistra Brizi, Melaragni, Gismondi