Due. E’ il voto che, in una scala da uno a dieci, le imprese assegnano al Sistri. Bocciatura senza riserve e senz’appello a settembre. E’ il risultato di una indagine condotta dal Centro Studi della CNA nazionale. A infliggere la “condanna”, un campione altamente rappresentativo di circa 1.700 imprese associate alla Confederazione, tutte soggette al sistema di controllo e tracciabilità dei rifiuti.

“Non siamo certo sorpresi. Il voto conferma le valutazioni che, negli anni, abbiamo espresso sia sull’inefficienza sia sull’inefficacia di questo sistema di tracciabilità dei rifiuti pericolosi. Ci auguriamo che, dopo la decisione inaccettabile di prorogare al 31 dicembre 2015 il contratto tra Ministero dell’Ambiente e Selex, il governo cambi registro e prenda finalmente atto delle forti criticità evidenziate, inviando un segnale chiaro alle imprese. Chiediamo all’esecutivo di accogliere la proposta della CNA: bisogna sospendere la piena operatività del Sistri e mantenere l’attuale regime cartaceo fino a quando non sarà individuato un sistema di tracciabilità realmente efficace e che non comporti ulteriori costi e complicazioni burocratiche a carico delle aziende”, dichiara Luigia Melaragni, segretaria della CNA di Viterbo e Civitavecchia, che nelle scorse settimane aveva invitato le imprese del territorio a partecipare all’indagine del Centro Studi.

Ma vediamo, in sintesi, cosa hanno detto gli imprenditori coinvolti nella ricerca. Innanzitutto, la tracciabilità dei rifiuti è un obiettivo irrinunciabile per l’82 per cento. Purtroppo, il Sistri è ritenuto del tutto inadeguato a garantire la tutela dell’ambiente dal 90 per cento delle imprese.

Del Sistri, gli imprenditori non salvano nulla. Aveva l’obiettivo di sostituire il precedente sistema cartaceo con uno strumento più avanzato tecnologicamente. Eppure alla funzionalità dei dispositivi e della piattaforma software del sistema (che ottiene una voto medio pari a 2,3) quasi il 60 per cento degli interpellati assegna il voto “uno”; appena “due” arriva dall’11 per cento, “tre” dal 7,5 per cento.

Stesso giudizio, pesantissimo, sulla gestione delle procedure. La valutazione media è molto bassa -appena 2,2- e scaturisce dallo striminzito “uno” assegnato da quasi il 60 per cento delle imprese, dal “due” che infligge l’11 per cento del campione e dal “tre” arrivato dal 9 per cento di quanti hanno partecipato all’indagine.

Ancora peggiore, se possibile, è il voto sulla chiarezza e sull’applicabilità della normativa. In media, rimane inchiodato al “due”. Dal dato disaggregato emerge che il 63 per cento esprime un “uno”, il 12 per cento si spinge fino a “due”, il 9 per cento a “tre”.

L’esasperazione evidente in queste risposte non trova sfogo in un efficiente rapporto con i clienti/utenti. Solo il 6,4 per cento delle imprese che utilizzano (o hanno utilizzato) il Sistri è soddisfatto del sostegno offerto dal servizio di “customer care”. In netto contrasto con la valutazione estremamente positiva espressa, invece, dalla Commissione di collaudo del Sistri, istituita presso il Ministero dell’Ambiente.

Il Sistri, oltre a non fornire vantaggi operativi, è costoso. Quasi tutte le imprese intervistate, infatti, hanno registrato oneri economici aggiuntivi dalla sua introduzione. Il 45 per cento di trasportatori e recuperatori/smaltitori hanno sostenuto nuovi costi superiori ai 10mila euro, con punte oltre i 50mila euro. Ma anche le imprese non obbligate a utilizzare il Sistri, ne stanno soffrendo l’onerosità scaricata su tutto il sistema. Quasi la metà segnala aumenti dei prezzi applicati nel trasporto e nella gestione dei rifiuti o maggiori difficoltà procedurali nel conferimento ai trasportatori.

Il 42 per cento ritiene che l’esclusione dal Sistri di alcune tipologie d’impresa non sia sufficiente a risolvere i problemi che il sistema continua a creare nel mondo imprenditoriale.

Non bastassero i costi economici, il Sistri alle imprese complica anche la vita: al 18 per cento ha rallentato l’attività ordinaria, al 14,6 per cento ha imposto l’utilizzo di personale aggiuntivo, al 12,6 ha reso impossibile completare la presa in carico dei rifiuti, in barba all’obiettivo di tutela ambientale.