“La pazienza dei nostri imprenditori non è infinita. Il testo del decreto del fare viaggia in direzione decisamente diversa da quella promessa dal governo. Su ben altre prospettive si era basata la nostra apertura di credito nei confronti delle larghe intese”. Lo ha denunciato Ivan Malavasi, presidente di Rete Imprese Italia, invitando l’esecutivo a invertire immediatamente la rotta, coerentemente con gli impegni assunti di fronte al mondo delle micro, piccole e medie imprese.

Questa posizione è pienamente condivisa dalla CNA di Viterbo e Civitavecchia, che esprime forti preoccupazioni, perché, se il testo non sarà immediatamente modificato, il provvedimento si tradurrà in ulteriori complicazioni burocratiche, maggiori costi e minori facilitazioni. Insomma, avrà effetti dannosi su un tessuto già lacerato dalla crisi.

Cosa c’è che non va nel decreto? L’esempio più eclatante è forse l’introduzione del Durt (Documento unico di regolarità tributaria): un altro appesantimento, un “nuovo mostro”, come lo definisce Malavasi, al posto dell’attesa eliminazione dell’istituto della responsabilità solidale negli appalti, che non funziona. A far infuriare le imprese, si è aggiunto lo snaturamento del Fondo centrale di garanzia, con il drastico taglio delle risorse destinate agli imprenditori che hanno maggiori difficoltà di accesso al credito e hanno dunque bisogno di un supporto pubblico. Complicazioni e aumento dei costi a carico delle aziende anche sul fronte della sicurezza, senza che ciò incida sulle condizioni di lavoro.

Insomma, il decreto del fare, presentato come lo strumento destinato a cambiare in meglio la vita delle imprese, rischia, al contrario, di porre altri freni alla crescita. “Eppure dovrebbe essere ormai chiaro che l’Italia non si salva se non si salvano le imprese e vanno adottate con urgenza misure per la crescita, sfoltendo, prima di tutto, la burocrazia che opprime le realtà produttive”, conclude la CNA di Viterbo e Civitavecchia.Ivan-Malavasi